mercoledì 4 maggio 2016

Lo chiamavano Jeeg Robot e la rinascita del cinema italiano

Diciamolo subito: a me il cinema italiano fa abbastanza cagare.
Ecco, ci siamo tolti il dente.

Mi fa cagare perché non mi ci riconosco. Quando va bene è noioso e artificioso; quando va male è un insieme di cliché per imbecilli. E mi fa cagare perché mi sono preso la briga, giovine come sono, di farmi una "sparata in vena" di opere di registi come Fellini, Rossellini, Visconti, De Sica, Bertolucci, Pasolini, Petri, compreso il cinema di genere (che in parte oggi si sta rivalutando) di gente del calibro di Monicelli, Bava, Corbucci, Ferreri, ecc. Ecco, quel cinema la era grandioso: aveva idee e aveva storie che voleva raccontare, che sentiva di dover raccontare. Il cinema italiano di oggi mi fa cagare perché, guardando quei grandi film, ti chiedi com'è possibile che un tempo sapevamo fare quello e ora siamo sprofondati nel degrado. Gente, non voglio scadere nella nostalgia da grognard, ma è una cosa che sento di dover dire. Per me il cinema italiano di oggi ha dei grandi problemi, principalmente tre.

Il primo problema del cinema italiano di oggi è che proprio non sa raccontare storie senza sembrare artefatto, retorico, forzato. Siamo stati abituati a film dedicati a un target che proprio non si sa dove stia: storie piene di borghesi benestanti in crisi di coppia dove urlano tutti; commedie dove tutti sono ricchi e felici e si ride per le scoregge; racconti di papi, santi o timorati di Dio che sia mai che non lecchiamo il culo alla chiesa. Quando ti va bene, e becchi il regista sinistroide finto impegnato, ecco il film con gente che sventola bandiere comuniste manco fossimo a Mosca durante una sfilata di Stalin. Eravamo convinti che il cinema italiano fosse quella roba la, fuori dal tempo, scollata con la realtà che viviamo; un cinema di storie ambientate in un'Italia che non esiste, la stessa Italia dei salotti televisivi, di Canale 5, di Amici; un cinema di storie raccontate male, che i messaggi te li urlano in faccia e, caso mai non avessi capito, te li scrivono pure in sottotitolo. "Ragazzi, le droghe fanno male, non usatele", come recitava Stanis in una delle puntate della prima, bellissima stagione di Boris

Il secondo problema del cinema italiano di oggi è che va avanti a forza di clientelismo, favoretti e nepotismo. Le case di produzione si contano sulla punta delle dita, i film vengono costruiti attorno ad attori famosi che recitano peggio d'un cane ubriaco, il grosso dei fondi viene da bandi di regione e quindi passa attraverso un sistema trasparente come un fondo di caffè.  Non c'è la possibilità di portare avanti una poetica personale; i pochi grandi nomi, quelli che contano, puntano sul riscontro facile e rimangono incollati a un modo di raccontare storie che non deve dare fastidio a nessuno. Politically correct made in Italy. I film indipendenti e di genere, spesso opere che scalciano cooli, vengono distribuiti in tre sale, e magari vengono visti solo dagli amici del regista. 

Il terzo problema del cinema italiano di oggi è il pubblico. Lo spettatore medio è assuefatto a due tipi di retorica: da una parte quella di cui si è parlato poco sopra, dall'altra quella del cinema americano, tutto BOOM BOOM BANG yippee ki-yay motherfucker e budget da capogiro. Un cinema che spesso e volentieri si fa i pompini da solo. Quando qualche regista o produttore "de noantri" prova a fare qualcosa di diverso dal solito film italiano, magari ispirandosi anche solo lontanamente a quello a stelle e strisce, ecco che parte la solita cantilena: "noi queste cose non le sappiamo fare, lasciamole agli americani". E tutto rimane fermo. E i film che meritano non se li caga nessuno, tutti troppo impegnati a sciropparsi l'ultimo "Natale chissà dove" dei Vanzina. 

Il cinema italiano era dato così per morto che già si pensava all'epitaffio. 

E invece poi escono film come Lo chiamavano Jeeg Robot, che fanno quello che faceva il cinema di genere di un tempo, per esempio il cinema di Monicelli, per citare qualcuno: raccontare i tempi che viviamo attraverso il filtro del "genere".

I migliori film di genere rispettano sempre il genere a cui appartengono, ma allo stesso tempo non si fanno fagocitare. Il film di Mainetti è così, non abbandona niente o quasi niente del genere supereroistico. Ci sono le solite fasi tipiche del genere (l'acquisizione dei poteri, la fase di smarrimento, l'accettazione, la rinascita e infine lo scontro finale contro il supercattivo), i personaggi archetipici (l'eroe suo malgrado, il cattivo che vuole fare il botto, la ragazza innocente che apre gli occhi al protagonista), le citazioni pop, epicità e azione. Il tutto però non è un scopiazzamento di un cinema che non ci appartiene. Tutto è profondamente italiano.  

È profondamente italiano nel modo di approcciare gli effetti speciali, pochi e mirati per esigenze di budget e belli proprio perché figli dell'arte dell'arrangiarsi (ogni tanto, citando ancora una volta Boris, c'è bisogno di cose fatte alla "cazzo di cane"); è profondamente italiano nei riferimenti pop, da Anna Oxa agli anime giapponesi, che in Italia hanno avuto un successo immenso; è profondamente italiano in questa versione imbruttita di Roma, con tanto di bombe e la paura brigatista ma anche odierna del terrorismo; è profondamente italiano nel modo di fondere supereroi e gangster movie alla Gomorra (serie tv stupenda che dovete vedere). 

Ed è profondamente italiano, prima di tutto, perché questa storia, raccontata in questo modo, sarebbe stata possibile solo in Italia, e in particolare a Roma, in quella precisa frazione di Roma (Tor Bella Monaca). Fosse stata ambientata a Napoli, a Milano o a Sassari sarebbe stata una storia diversa. I personaggi parlano un "romanaccio" credibilissimo (cosa che a molti ha dato fastidio, abituati come sono all'italiano neutro del doppiaggio dei film americani), e hanno sogni, paure e traumi che hanno senso enorme in questo contesto. 

C'è il ladruncolo da quattro soldi che ha costruito attorno a lui una corazza, fa affaruccoli con la criminalità di Roma e ottiene i poteri buttandosi nel Tevere, che se lo vai a chiedere a un romano random ti dirà che se ti butti nel Tevere come minimo riemergi con tre braccia e sette occhi. C'è il boss criminale "dei poveri", che ha tentato di spaccare partecipando a Buona Domenica, ha fallito, e ora vuole uscire dalla merda in cui vive sognando di diventare un boss mafioso da Gomorra. Ed è lui stesso a dirlo: "io qui nun ce vojo morì, vojo fa er botto". C'è la ragazza che non è la solita bellona/trofeo del protagonista, ma una povera malata di mente che è stata seviziata in mille modi e ora è prigioniera di un cartone animato di quando era piccola, lo stesso cartone animato che dà il titolo al film e che è stato la passione di tantissimi ex bambini ora 40enni. E ci sono anche i camorristi imbruttiti e credibili, i passanti con il naso incollato allo smartphone, i poliziotti imbranati, i criminali di basso rango ignoranti e razzisti.

Questi personaggi hanno senso di esistere solamente all'interno della realtà italiana, che qui viene mostrata e non schiacciata dalla cartolina di una Italia che non esiste. Ed è in qualche modo ironico che a dare un quadro realistico e credibile dell'Italia in cui viviamo sia un film dove ci sono i superpoteri, un film che ha da insegnare agli americani proprio per il suo modo di essere così vero e autentico. Nei film d'oltreoceano tutto è patinato, perfetto e ingessato tra palazzoni e miliardari dalla battuta pronta. Nel film di Mainetti ogni cosa è genuina e ha i 20 kg di troppo di un Claudio Santamaria taciturno e nutrito a porno e yogurt. 

I tre punti critici del cinema italiano, quelli che ho elencato a inizio articolo, vengono fatti a pezzi dai pugni "ignoranti" di Enzo Ceccotti, il protagonista del film. Un film in buona parte autoprodotto, di un regista con una visione personale e lucida, lontano dalle solite manfrine sotto banco e ancorato saldamente alla realtà. 

Che il cinema italiano abbia davvero bisogno di superpoteri per uscire dal baratro? 

Forse, o forse no. Jeeg Robot non è l'unico bel film italiano uscito di recente. Da Il racconto dei racconti di Garrone a Veloce come il vento, da Non essere cattivo a Suburra, le cose iniziano finalmente a smuoversi. Si inizia a raccontare chi siamo veramente o cosa siamo stati e vorremmo essere, e l'Italia non è più una cartolina sbiadita di cui vergognarsi, ma un paese dove le storie possono ancora funzionare e sono più belle quando parlano in dialetto, vivono la crisi e vogliono "fa er botto". 

venerdì 22 aprile 2016

Un Dottore donna? Tre attrici che calzerebbero a pennello.

Come sanno tutti quelli che mi conoscono da un po', da qualche anno a questa parte sono diventato un appassionatissimo di Doctor Who. Non sto qui a spiegarvi di cosa parla la serie di fantascienza più longeva di tutti i tempi, quindi se non lo sapete cliccate qui, e che Zeus perdoni la vostra ignoranza.

Ma si diceva... pensare che all'inizio 'sta serie mi faceva schifo. Mi era stata consigliata da un sacco di amici, ma quando finalmente trovai il tempo di far partire il primo episodio della nuova serie (quella targata 2005, perché la serie classica è un macello), riuscii a stento a non vomitare. Dannati manichini malvagi. C'è da dire che il pilot, ma in generale la prima stagione, sono ancora molto acerbi e di difficile fruizione. Ritentai la visione un annetto e mezzo dopo, riuscii a superare lo scoglio delle prime cinque puntate e degli alieni scorreggioni e, piano piano, specialmente con l'arrivo di David Tennant come signore del tempo, me ne innamorai. 

Oggi sono un appassionatissimo del Dottore, e anche se ho sofferto molto la gestione Moffat (l'uomo dalle trame complicatissime che si risolvono in bolle di sapone, ma anche lo sceneggiatore di alcune delle puntate più belle), continuo a seguire la serie con gusto. Per esempio, sto adorando alla follia il dodicesimo Dottore di Peter Capaldi. Com'è consuetudine della serie, però, lo status quo dovrà cambiare. Sappiamo che Moffat abbandonerà la guida della baracca con la prossima stagione e probabilmente Capaldi (sigh) lo seguirà a ruota. Sappiamo già che il nuovo showrunner sarà Chris Chibnail, e che cambieranno molte cose. 

Un dottore donna

Se potessi parlare a quattr'occhi con Chris (si, lo chiamo Chris. Bella zio, come ti va?) gli suggerirei una mossa azzardata ma secondo me potenzialmente vincente, una di quelle la cui ipotesi fa discutere i fan già da qualche anno e che potrebbe, o svecchiare tantissimo una serie che a quel punto sarebbe alla stagione numero undici, o affossare gli ascolti in un marasma di fan incazzati come un tasso idrofobo. 

Il Maestro, uno degli avversari più amati della serie, ora Missy.
Di che diavolo parlo? Ma di una prossima rigenerazione femminile del Dottore. Dai, su, non fate quella faccia e mettete da parte lo scetticismo. Il Dottore può benissimo diventare donna, e Moffat stesso ultimamente si è premurato parecchio per farcelo accettare. Non solo ne ha già parlato, ma da alcune battute dell'Undicesimo durante la rigenerazione, da qualche dialogo della 6x04 (il bellissimo episodio sceneggiato da Neil Gaiman), e soprattutto, dalla rigenerazione femminile del Maestro, uno dei più micidiali nemici del Dottore ora diventato Missy, e dalla rigenerazione femminile del generale nella 9x12 (che tra l'altro da caucasico diventa di colore), che avviene in diretta, sappiamo perfettamente che i signori del tempo possono cambiare sesso durante una rigenerazione. Una rigenerazione femminile quindi sarebbe sensata sin da subito, senza bisogno di spiegoni, e non assomiglierebbe all'operazione fatta dalla Marvel con il Thor donna (operazione vincente, almeno secondo me).

Non parliamo nemmeno di transizione di sesso, il Dottore non sarebbe un transessuale (e non ci sarebbe nulla di male nemmeno se fosse così). Anche se con la rigenerazione il personaggio rimane sempre lo stesso, la sua personalità e i suoi gusti cambiano, diventando di fatto una persona diversa. Un Dottore donna sarebbe semplicemente una persona nuova di sesso femminile, pur rimanendo sempre il Dottore. 

Ma un Dottore donna non funzionerebbe solo all'interno dell'universo di finzione della serie, ma funzionerebbe proprio a livello narrativo. Dopo 50 anni di storie con 12 spettacolari dottori "masculi", un Dottore donna porterebbe una bella boccata d'aria fresca e rivoluzionerebbe la serie quel tanto che basta per continuare a dire cose nuove e interessanti. Non sarebbe però una rivoluzione chissà quanto grande. Anche con una donna alla guida del Tardis la serie rimarrebbe sempre sulle stesse coordinate: viaggi spaziali, avventura, umorismo, dramma, lacrime. Inoltre, il cambiamento è insito nel DNA della serie, e questo non sarebbe che uno dei tanti.

Trovo l'idea così buona che tempo fa avevo iniziato a lavorare a un web comic con protagonista un Dottore donna, abbandonato per la mia solita pigrizia. Trovate tutto qua

Tre attrici perfette nel ruolo

Ma quale attrice potrebbe sopportare un onere tanto grande e impegnativo? Il Dottore è sempre stato interpretato da attori rigorosamente inglesi, talentuosi e carismatici, che hanno dato al ruolo enorme dignità e spessore, da Tom Baker a David Tennant, da Jon Pertwee a Peter Capaldi, passando praticamente per tutti gli altri. Nessuno di questi attori era un attore di fama internazionale fantasmagorica quando ha accettato il ruolo, e nessuno di questi attori, pur se spesso dotato di enorme fascino, può essere considerato un bellone. Inoltre, sono attori che sanno dare tantissimo sia nelle parti drammatiche, sia in quelle comiche e sopra le righe, in modo da dare al personaggio un pizzico di eccentricità tipicamente british che è il marchio di fabbrica della seria.

Considerando tutti questi fattori, vi elenco tre possibili attrici che, per me medesimo, sarebbero un Dottore con i contro cosiddetti. 

Conosciuta principalmente per il ruolo dell'agente Peggy Carter in Captain America - il primo vendicatore, e nell'omonima serie Agent Carter, la Atwell ha un bel visino da donna forte e indipendente e l'esperienza necessaria a tenere sulle spalle un progetto così importante come Doctor Who. È un'attrice di tutto rispetto, con parecchie serie e parecchi film alle spalle, che oltre che nei cinecomics ha recitato in parti drammatiche e intense, per esempio in una bellissima puntata di Black Mirror (2x01) o nella trasposizione televisiva de I Pilastri della Terra, cosa che la rende perfetta sia nelle scene esagerate e d'azione, sia in quelle drammatiche e introspettive. 
Il suo Dottore potrebbe essere, così come molti dei suoi personaggi, un Dottore d'azione e solare, dall'animo candido e dai modi gentili ma determinati, ed è l'attrice per cui tifo di più.

Attrice che ispira "dottorosità" semplicemente con lo sguardo, la Wilson ha spesso interpretato personaggi intrinsecamente folli e geniali, ed è conosciuta per il ruolo di Alice Morgan nella bellissima serie Luther. Anche lei, pur giovane, è un'attrice con una discreta esperienza (già veterana di opere come The Affairs o Anna Karenina), brava sia in ruoli di secondo piano, sia come protagonista effettiva, tanto che quest'anno prenderà parte, come co-protagonista, alla serie tv di fantascienza The Titan
Un Dottore cucito su di lei potrebbe essere imprevedibile, folle e geniale, a tratti ambiguo e indecifrabile, ma pur sempre positivo e avventuroso. 

Compagna di Martin Freeman sia nella realtà che nella finzione, dato che interpreta Mary, la moglie di Watson nella stupenda serie tv Sherlock, la Abbington non è solo la compagna di un grande attore, ma è una grandissima attrice a sua volta. Delle mie tre proposte è quella con più anni sulle spalle, e per questo l'attrice con più esperienza, anche se dedicata principalmente a ruoli e/o opere sconosciute fuori dall'UK.
Ha già dimostrato di saper gestire perfettamente personaggi complessi e sfaccettati, capaci di grande eroismo ma anche di momenti di riflessione, e meriterebbe l'occasione di vestire i panni di un protagonista così importante come il Dottore. 
Il suo Dottore potrebbe essere duro e affettuoso allo stesso tempo, autoritario ma pacato, misterioso e materno, magari con qualche spruzzata del Nono di Christopher Eccleston.

Che ne pensate? L'idea di un Dottore donna vi piace o vi fa storcere lo "storcibile"? Trovate adeguate le tre attrici proposte in questo articolo? Ce ne sono altre che sarebbero perfette per la parte?

lunedì 18 aprile 2016

Tra Batman e Superman perdono tutti

Ieri ho "finalmente" visto Batman V Superman, seguito diretto del da me poco apprezzato Man of Steel (è un eufemismo, m'ha proprio fatto cagare). Dal momento in cui il film è uscito nelle sale ad oggi, l'internet ha vomitato sulla pellicola valangate di bile e valangate di difese a oltranza. Scrollarsi di dosso i preconcetti era difficile.


Quindi cosa ne penso? Eh... penso che sia anche peggio di Man of Steel. 

Quello che ho visto ieri è un film brutto, incoerente, incapace di mettere un punto o di arrivare da qualche parte, con l'unico guizzo di essere un giocattolone dark CGI che in alcuni momenti riesce a gasare, ma nel complesso annoia. 


Vorrei parlarvene meglio e approfonditamente, ma occhio, SPOILER ALERT! Se non avete visto visto il film e volete godervelo, non leggete questo articolo. Uomo avvisato... 


Ok, iniziamo. 
Saltiamo tutta la parte in cui spiego di cosa parla il film, che tanto lo sanno pure i muri, e gettiamoci subito nell'analisi. Questa pellicola ha così tanti problemi, e così gravi, che non so davvero da dove cominciare.


Note tecniche

Magari proviamo a partire dai dati tecnici: parliamo del montaggio. Porco Krypton, ma chi diavolo lo ha montato? Il montaggio di questo film è oggettivamente penoso, e ve ne accorgete subito se avete un minimo di infarinatura di grammatica filmica. Quasi ogni scena si interrompe con una frase a effetto, una troncatura netta che dà il via a una scena completamente diversa, slegata totalmente da quella precedente. Tizio parla, dice frase a effetto o mostra oggetto a effetto, taglio netto, altra scena con altri tizi che mostrano oggetto o dicono frase a effetto, altro taglio netto, altra scena scollegata. Una matrioska infinita che continua per tutto il film e snerva, creando un tappeto ansiogeno a tratti fastidioso. Per non parlare dei momenti in cui il montaggio sembra fatto a caso, come nel sogno/visione di Batman (scena di cui parlerò più avanti), dove non c'è alcuna punteggiatura e la scena viene inserita a caso, risultando caotica e incoerente. 

Anche la regia di Snyder ci mette del suo, non rinunciando ai suoi, per fortuna qui poco presenti, scavalcamenti di campo. La regola dei 180°, come tutte le regole grammaticali, può essere infranta (ci sono movimenti d'avanguardia che lo fanno come nota stilistica), ma nel farlo bisogna essere consapevoli e avere un chiaro obiettivo in testa, un messaggio da comunicare. Snyder lo fa per sembrare "studiato", e fallisce, risultando solo sgrammaticato e confuso.

Fastidiosa, per quanto mi riguarda, la fotografia patinatissima a tinte dark, che cala il film in una notte perenne anche quando è giorno (ma qui si va a gusti, lo ammetto). Non aiuta troppo nemmeno la colonna sonora, che per quanto sia fighissima presa da sola (Hans Zimmer è quasi sempre una garanzia, e Junkie XL è una gradita scoperta), e per quanto riesca a sottolineare bene alcune scene, viene usata male e risulta ampollosa e ridondante, dato che collega le suddette scene montate male, continuando imperterrita in maniera totalmente slegata dal contesto.

Problemi di ritmo

Uno dei difetti più stressanti di questo film è, porca paletta, il ritmo, e avere problemi di ritmo in una pellicola di più di due ore non è proprio un bel biglietto da visita. 

Perché problemi di ritmo? Beh, perché il film è sostanzialmente diviso in due parti, ognuna bene o male di un'oretta e un quarto circa. La prima parte, didascalica e introduttiva, è un susseguirsi di scene tagliate con l'accetta, dove vengono introdotti i personaggi, introdotte le tematiche e innescati i detonatori per lo scontro tra eroi, ma il tutto è eccessivamente pedante, lungo, lento, e si arriva alla fine di questa lunga introduzione fiaccati e annoiati. 

In questa prima parte praticamente non succede nulla, è solo un susseguirsi di cose a caso e di belle immagini patinate, nulla più (cosa che conferma ancora di più l'idea che ho di Snyder: un bravo esteta, ma completamente vuoto di contenuti, nonché un narratore mediocre, se non pessimo). C'è chi dice che è solo un'apparenza, perché in realtà Snyder qui mette in gioco uno scontro psicologico tra i due protagonisti. Ok, tutto bello e tutto interessante, peccato che questo scontro psicologico io proprio non lo abbia visto. Da cosa si evince? Da frasi drammatiche in cui Superman dice a Lois che Batman va fermato, o dove Batman dice lo stesso ad Alfred parlando di Superman? Su, dai, per favore. Non c'è alcuno scontro tra i due, le scene in cui appaiono non hanno alcun collegamento concettuale, e i momenti in cui si incontrano sono a dir poco ridicoli (ne parliamo dopo). 

Ed è ridicolo anche come vengono introdotti i personaggi, in primis Batman. Snyder ci mostra cose che già sappiamo, come l'ennesima morte dei genitori, e glissa totalmente sulle cose che ci servono. Sappiamo che questo Batman è a un punto avanzato della sua carriera, e si comporta in maniera strana e inusuale. Questo però non ci viene mai spiegato, non sappiamo perché sia diventato quello che è diventato (viene accennato, ma è vagamente comprensibile solo a chi conosce la storia fumettistica del pipistrello; Joker ha ucciso Jason Todd/Robin e questo ha incattivato Batman, ma lo si capisce solo da alcuni riferimenti indiretti). Il cavaliere oscuro ci viene mostrato in azione solo per pochissimo, e la prima volta che lo vediamo in costume è in un sogno, con tanto di giubbottone e fucile, cosa che strania e confonde (come se non bastasse il montaggio incoerente), perché ancora non abbiamo visto il pipistrello in azione per davvero. Pessima scelta di tempistiche, sul serio, e totale disprezzo dello show, don't tell.
E si arriva così alla seconda parte, frenetica e tutta action, dove finalmente si respira un po', ma che entra in contrasto diretto con la prima parte. Si inizia lento, lentissimo, e poi si accelera di colpo, bruscamente. E non è solo un contrasto di ritmo, ma anche di toni. Se la prima parte è tutta giocata su temi messianici e apocalittici, la seconda diventa improvvisamente più in linea con un normale cinecomic, specialmente con l'ingresso in azione di Wonder Woman. Da quel momento il film funziona molto di più, ma è una scelta che stona con tutto il resto, dato che tutte le tematiche vengono gettate nella mondezza e tutte le domande rimangono senza risposta. 

E qui, ennesima delusione. Lo scontro epocale che dà il nome al film (anche se la V del titolo non sta per "versus", ma per qualcos'altro che sa solo Snyder) dura pochissimo, si e no 5 minuti di orologio. Fighissimi, per carità, ma un po' pochini. 

Buchi narrativi e motivazioni farlocche

E veniamo alla parte più problematica di tutta la pellicola: la sceneggiatura, i personaggi e le loro motivazioni. C'è troppa carne al fuoco (problema di molti cinecomics attuali, vedere Age of Ultron per credere) e troppa roba a caso, e il film ne risente enormemente. 

Batman V Superman vuole introdurre Batman nell'universo DC cinematografico; vuole anche continuare a raccontare la storia di Superman; vuole esplorare il tema della divinità contrapposta all'umanità; vuole anche far riflettere sul ruolo dei supereroi nella società e sulla necessità di una regolamentazione; vuole porre l'accento sul potere e il suo abuso; vuole anche introdurre la Justice League, mostrare un po' di azione da spaccomascella e gettare le basi per la futura presenza di Darkseid (e forse della realtà alternativa di Flashpoint Paradox) nell'universo DC. 

Troppi temi, legati in maniera incoerente e portati avanti a spizzichi e bocconi. La sceneggiatura si barcamena attorno a troppe tematiche, che chiaramente non riescono a trovare compimento, anche con due ore e passa di girato, e vengono gettate nella mischia praticamente a caso. Prendiamo, per esempio, la scena del sogno di Batman, tra l'altro inserita un po' a caso dove, in un mondo ormai deserto, il nostro pipistrello combatte (uccidendoli a suon di fucile d'assalto) contro scagnozzi di un Superman cattivo e violento. Finita la scena onirica, Batfleck si trova davanti un Flash spaventato che, in maniera poco comprensibile, dice "Bruce avevi ragione" e scompare, così, senza soluzione di continuità. Quando mi riferisco a roba inserita a caso mi riferisco proprio a roba come questa.
Si diceva anche di tematiche che non trovano una conclusione. C'è il tema pressante dell'uomo contro il dio, e di bisogno di regolamentare i superumani e le loro azioni. Tutto questo viene portato all'estremo con lo scontro tra Batman e Superman, che però soffre di due pecche enormi.

Prima di tutto, la motivazione del pipistrello. Vediamo un Batman cattivissimo, decisamente violento e pronto a tutto pur di debellare il crimine, che decide di uccidere Superman così, arbitrariamente.  Lo vuole proprio uccidere, ed è pronto a tutto, e non succede niente di sensato per portarlo a una decisione così drastica (e no, la morte del dipendente a inizio film è troppo blanda, non è davvero personale e non è davvero logica).

Ok, in teoria ci sarebbe un complotto di Lex Luthor, che usa l'ex impiegato di Bruce Wayne per far capire al cavaliere oscuro quanto Superman sia pericoloso, esasperandolo. La cosa però non regge in alcun modo: il modo utilizzato da Lex è ridicolo (l'impiegato che scrive frasi cattive contro Sup negli assegni della Wayne Enterprise rispediti al mittente e poi si fa esplodere; mica è colpa di Superman), e anche il fatto che Lex usi Batman non regge: si capisce a malapena che la kryptonite era un esca, tra l'altro stupida (come faceva Lex a sapere che Batman era ai ferri corti con Superman. Come?) e non viene mostrato da nessuna parte, nel film, il momento in cui Lex capisce che Bruce Wayne e Batman sono la stessa persona (cosa che tra l'altro sapeva anche Superman, scoperta origliando a caso la conversazione tra Bruce e Alfred). Come diavolo faceva Lex a saperlo?

E poi non sarebbe la prima volta che i due eroi si scontrano/incontrano. A parte la festa di gala, con un dialogo abbastanza insulso, i due si scontrano durante l'inseguimento di Batman a dei malavitosi che hanno la kryptonite. Superman appare dal nulla, distrugge la batmobile e, davanti a un Batman attonito, dice che se lo ribecca gli sfascia il culo (così, a caso, perché è necessario alla sceneggiatura). Batman gli dice: "dimmi, tu sanguini?", e Superman se ne va senza rispondere. Ecco il loro primo incontro. Roba a caso. 

Seconda pecca enorme: quando poi Bat e Sup si menano, e Bat sta per uccidere il kryptoniano, si ferma e si blocca e decide di risparmiarlo. La motivazione di per se è imbecille, così com'è imbecille e forzato il modo in cui ci si arriva.
Batman sta per trafiggere Superman con l'arpione di kryptonite; Superman grida: "così gli permetti di uccidere Martha" (chiaramente ogni figlio in un frangente simile userebbe il nome di battesimo della madre, mica direbbe "mamma" o "mia madre"); Batman si blocca e si mette a urlare: "perché lo hai detto? Perché?"; Superman ripete il nome Martha una seconda volta e Batman ha un flashback di lui piccolo che porta i fiori alla tomba della madre; continua imperterrito a chiedere perché ha nominato quel nome, arriva Lois Lane dal nulla e, già sapendo tutto quello che sta succedendo, dice che Martha è il nome della madre di Superman. Da quel momento i due eroi diventano amiconi, Batman va a salvare la madre di Clark dicendole, tra l'altro: "sono un amico di suo figlio". Porca puttana, ma se due minuti prima lo voleva uccidere brutalmente.  

Batman non uccide Superman perché, dato che le loro madri hanno lo stesso nome, capisce che anche il dio è umano. Ecco che fine fa il tema della divinità contro l'essere umano. Motivazioni a cazzo, risoluzioni anche peggio.

Ma di motivazioni e dialoghi dementi è pieno il film. 
C'è il pezzo in cui Superman si interroga sulla sua missione, e capisce che ciò che rappresenta (e devo ancora capire cosa, sinceramente) non è reale. Cito dal dialogo di Clark: "Superman era solo il sogno di un contadino del Kansas" (e qui si riferisce a suo padre). Ma porca puttana, ma se in Man of Steel il padre gli vieta espressamente di usare i suoi poteri e addirittura si suicida per impedirglielo. Questo dialogo non ha alcun senso.

Vogliamo parlare delle motivazioni di Lex Luthor? Perché fa quello che fa, cosa ne ricava, che motivazione ha? Durante un dialogo abbastanza random, veniamo a sapere che suo padre lo picchiava e, dato che nessuna divinità è venuto in suo soccorso, lui è arrivato alla conclusione che o Dio non esiste o Dio non è infinitamente buono. Wow! È davvero questa la sua motivazione? Architetta piani rocamboleschi, dà vita a un abominio che potrebbe estinguere la razza umana e distrugge due città per questo? 

Il resto delle sceneggiatura e su questi livelli. Wonder Woman, facilmente una delle cose migliori del film, infilata a forza; la Justice League che appare in un momento a caso, con tanto di stemmi degli eroi archiviati sul PC di Lex; Lois Lane che non fa altro che mettersi nei guai ogni cosa che fa e dice per poi farsi salvare da Superman (siamo nel 2016, la damigella in pericolo dovrebbe essere storia vecchia); linee narrative messe da parte così, perché si; la morte di Superman messa a caso per fare figo, quando ancora nessuno degli spettatori tiene davvero al personaggio e quando ancora non esiste un vero universo cinematografico DC. Potrei continuare a elencare stronzate per ore. 

Dai fumetti alla pellicola

Ultima cosa che mi ha fatto storcere il naso, e che risulta un difetto solo nell'ottica dei fumetti, è come sono stati trasposti i personaggi. 

Ben Affleck non è male nei panni di Bruce Wayne/Batman, peccato che il suo personaggio sia eccessivamente violento e brutale. Come ho detto sopra, si intravede una storia passata che può averlo trasformato così, ma non ci viene mostrata e quindi tutto ricade nel campo delle illazioni. Quando dico che questo Batman è cattivo e violento mi riferisco ad alcune cose che fa, tipo legare Superman al rampino e trascinarlo in giro come fosse un trofeo, sbatacchiarlo alle colonne per fargli male fisico e poi quasi ucciderlo infilzandolo con un rampino alla kryptonite; oppure marchiare a fuoco alcuni criminali e condannarli a morte (perché a quanto pare le persone marchiate da Batman hanno vita breve in carcere). Scusatemi, ma questo è Batman o the Punisher? Non riesco ad empatizzare con un personaggio con motivazioni ridicole che si comporta come uno psicopatico. Dov'è finito il Batman che uccide solo come ultima spiaggia? Dov'è il Batman separato da Joker solo da una giornata storta? 

Su Superman ci sarebbe da scrivere un articolo intero, parlando anche di Man of Steel. Questo Superman travisa totalmente i fumetti. Il Superman classico non è super solo perché può sollevare palazzi con la punta dell'uccello, ma perché rappresenta tutte le virtù degli esseri umani. Lui crede fermamente negli ideali di giustizia, verità e nel sogno americano, agisce per elevare il genere umano, vuole che l'umanità migliori da sola, e infatti nei fumetti non sono rari momenti come questo:

Lui ci vuole motivare, vuole che troviamo la forza nascosta dentro di noi, vuole che ci salviamo da soli (come quando ha sollevato di peso i potenti della Terra e li ha costretti a un meeting per parlare dei problemi del pianeta), e non è un caso che i suoi peggiori nemici siano esseri umani corrotti e spregevoli (come Lex Luthor, il capitalista senza scrupoli), a rappresentare la parte malvagia e bassa dell'umanità. 
Il Superman di MoS e BvS non ha nulla di tutto ciò: è un bullo che risolve i problemi menando, che se ne frega dei danni colleterali, che agisce solo per salvare Lois non curandosi del resto e che ci viene mostrato come una divinità calata dall'alto che risolve i nostri problemi al posto nostro. 

E poi c'è Lex Luthor. Questo Lex Luthor è sbagliato in ogni cosa che fa, che dice, che pensa, e intendiamoci, non c'entra nulla il suo aspetto fisico. Non mi interessa se qui Lex non è calvo o non è un quarantenne carismatico, questa è solo estetica; mi interessa invece che Lex sia un affarista senza scrupoli (e il fatto di scegliere l'attore che ha interpretato Zuckenberg poteva essere un epic win, che però si sono giocati), mi interessa sia lucidamente egoista, crudele e calcolatore; mi interessa che curi la sua figura mediatica in modo da essere inattacabile; mi interessa che combatta Superman perché questi mina alla radice i suoi interessi personali.
Purtroppo non c'è nulla di tutto questo. Il Lex Luthor di questo film è folle alla maniera di Joker, vuole caos per il piacere del caos; è sopra le righe, macchiettistico, privo di reali motivazioni. Luthor ha sempre funzionato perché ha sempre rappresentato l'opposto di Superman. Qui è un povero imbecille squinternato, e Jesse Eisenberg non riesce ad essere convincente nemmeno un secondo. 

Quindi tutto da buttare?

No, non tutto. Le scene d'azione funzionano e la Wonder Woman di Gal Gadot è sufficientemente sexy, cazzuta e credibile da far gridare al miracolo. Dopo averla vista in questo film non vedo l'ora di gustarmi il suo stand alone (che tra l'altro attendevo da tempo, ho sempre adorato WW come personaggio). L'Alfred di Jeremy Irons non è per niente male (peccato sia una mera comparsa) e alcune tematiche sollevate sono effettivamente intriganti. 

Tutto il resto è tra il malapena passabile e il "ma che cazzo?". 
Se il futuro universo cinematografico deve basarsi su queste fondamenta non ci siamo. Per favore, togliete la Justice League dalle mani di Snyder.